sabato 7 giugno 2008

Progetto: “ Con il mio corpo: Quante cose posso fare!” di Sabrina e Liliana

Il corpo rappresenta il primo strumento di conoscenza e di relazione che i bambini utilizzano fin dal momento della nascita. Attraverso il corpo essi ricevono ed inviano messaggi. La loro crescita personale e cognitiva avviene quando cominciano a costruire l’immagine del proprio corpo e a scoprire/sperimentare tutte le cose che possono fare con il corpo. Per questo è importante predisporre dei contesti nei quali favorire, per quanto è possibile, le attività motorie ed i giochi che li facciano interagire con gli spazi e con gli oggetti.
Obiettivi generali
Riconoscere le varie parti del corpo; sviluppare la padronanza del proprio corpo in relazione a sé, agli altri, allo spazio; sperimentare diverse sensazioni tattili attraverso i percorsi sensoriali e la pittura; sperimentare la propria capacità motoria; valorizzare ogni bambino; favorire la socializzazione.

Obiettivi specifici
Area Grafico – pittorica favorire la maturazione psicofisica del bambino attraverso la maturazione grafica; aiutare il bambino nel riconoscersi capace di controllare un oggetto o un materiale e scoprirsi autonomo; sostenere le capacità di ogni bambino.
Area Psicomotoria s ollecitare e creare condizioni favorevoli per la crescita e la maturazione complessiva del bambino attraverso la presa di coscienza del proprio corpo; percezione del proprio corpo nello spazio; stimolare nel bambino la conoscenza dello spazio attraverso l’esplorazione della realtà; acquisire autonomia. Aiutare quindi il bambino ad impossessarsi dei fondamentali concetti spaziali: dentro/ fuori, sopra/ sotto, davanti/ dietro, vicino/ lontano, grande/ piccolo.
Area di drammatizzazione esprimersi attraverso la mimica ed i gesti; saper utilizzare maschere e travestimenti per esprimersi liberamente; controllare il linguaggio corporeo per comunicare.
Area musicale saper interpretare brani musicali con movimenti liberi; associare il movimento al suono e l’immobilità al silenzio.
Tipo di attività
Verranno svolte attività:
Grafico – pittoriche pittura con le dita, pittura con mani e piedi, realizzazione di sagome del corpo;
Di Psicomotricità esplorazione del corpo, giochi con il corpo davanti allo specchio, percorsi sensoriali, giochi con i cerchi, scatoloni, teli, palline;
Di drammatizzazione travestimenti con la stoffa, trucchi;
Musicali associazione rumore – ritmo, musica – ritmo ( movimenti nello spazio).
Utenti
Gruppi di 8-10 bambini circa, in età compresa tra i 2 ed i 3 anni.
Prerequisiti
I bambini sanno camminare, hanno un buon orientamento nello spazio, una buona autonomia e generale conoscenza del corpo.
Spazi e strumenti
Verranno utilizzate le due sezioni Divezzi 1 e Divezzi 2.
Strumenti e materiali necessari alla realizzazione: specchio, cartone, scatoloni, cerchi, teli, palline, trucchi, colori a dita, tempere, farina, pasta, cartoncini, piatti in plastica, pennarelli, lettore cd, cd di musica varia.
Tempi di realizzazione
Queste attività verranno proposte nell’arco di tre mesi, da Marzo a Giugno, ed eseguite a turno in entrambe le sezioni Divezzi.
Operatori coinvolti
Verranno coinvolte le educatrici delle due sezioni a turno per aiutarci, data la loro professionalità, nelle attività da noi proposte.
Verifica
Verifiche in itinere fatte attraverso il quaderno delle osservazioni/ diario di bordo sul quale annotare le risposte dei bambini agli stimoli offerti, compilato al termine di ogni attività. A fine progetto verrà effettuata un’analisi degli obiettivi attesi e raggiunti nelle diverse aree di sviluppo, sulla base delle osservazioni fatte.

venerdì 16 maggio 2008

FASI SVILUPPO SESSUALE FREUD


Fasi dello sviluppo psicosessuale secondo Freud
Nel corso della sua ricerca sulla psiche umana, Sigmund Freud suddivise lo sviluppo psicosessuale in fasi. Egli, infatti, divise la vita del bambino in cinque fasi di successivo sviluppo psicosessuale:
Fase orale;
Fase anale;
Fase fallica;
Fase di latenza;
Fase genitale.
L'importanza di questa nuova concezione di Freud è stata soprattutto nel non identificare più la sessualità con l'attività genitale dell'individuo adulto, ma nello scoprire che esiste anche una sessualità nel bambino. Con questo termine, infatti, Freud identificava la "ricerca del piacere fisico", che è presente in ogni momento della vita di un individuo.
Freud definisce il bambino "perverso poliformo". Il bambino è perverso perché ricerca il piacere senza alcun interesse al fine riproduttivo (è importante notare come questa perversione non abbia alcuna valenza morale negativa). È, inoltre, poliformo perché ricerca il piacere attraverso vari organi e tramite varie zone erogene. Il bambino è facilitato in questo dall'assenza di un Super Io, dell'imposizione morale prodotta dall'educazione.

La fase orale
Questa fase corrisponde ai primi 18 mesi di vita del bambino, ed è la prima fase del suo sviluppo psicosessuale. La durata della fase orale, tuttavia, è variabile in funzione della società e, in definitiva, del tempo dell'allattamento comunemente usato in essa.
In questo periodo della vita del bambino, infatti, la sua relazione fondamentale con il mondo esterno è di tipo nutritivo, con la madre. La libido, cioè l'energia sessuale del soggetto, si concentra nella bocca. L'infante, infatti, tende a portare tutto alla bocca, dal seno della madre agli oggetti che lo circondano.
La bocca in questo periodo diventa il tramite che lo lega al mondo, alla realtà circostante: tramite questa, il bambino distingue gli oggetti e comincia a capire cosa sono.
Le fissazioni relative a questa fase sono dette fissazioni orali, e derivano dalla lunghezza eccessiva o eccessivamente corta di questo periodo.
Tutte le fissazioni orali hanno un elemento in comune: l'eccessivo attaccamento dell'individuo in questione a comportamenti che coinvolgono la bocca (fumare, succhiare o mangiare).
Dal punto di vista comportamentale l'individuo può diventare incline al vittimismo e ad alcune dipendenze (fumare o alcolismo), o può sviluppare una personalità sarcastica o pungente.
Fase anale
Questa fase corrisponde al'incirca al periodo che va dai 18 ai 36 mesi della vita del bambino.
Questo periodo corrisponde allo sviluppo fisico che permette al bambino di controllare le funzioni sfinteriche. Il bambino, in questo periodo, impara a sviluppare l'autostima e l'autonomia. Le fissazioni provocate in questa fase (fissazioni anali) sono provocate soprattutto dal modo in cui è stato imposto al bambino l'uso del vasino.Le feci sono il primo prodotto e il bambino usa tali per comunicare con l' esterno.
In caso di eccessiva gratificazione nella fase anale, il bambino tenderà a defecare in posti non opportuni e, crescendo, sarà disorganizzato e testardo. Nel caso contrario tratterrà le feci a dispetto dell'educazione ricevuta e svilupperà una personalità meticolosa, ostinata ed organizzata.
Fase fallica
La fase fallica si sviluppa tra i 3 ed i 6 anni di vita del bambino.
In questo periodo si sviluppa il Complesso di Edipo nei maschi ed il Complesso di Elettra nelle femmine. In questa fase si ha lo sviluppo del Super Io.
Le fissazioni relative a questa fase generano personalità risolute, orgogliose, autonome ed egoiste. Freud era dell'idea che in questa fase si sviluppasse l'omosessualità. Persone affette da tali fissazioni mostrano segni di asessualità o promiscuità, puritanismo o amoralità.
In questo periodo il bambino si rende conto della diversità tra i due sessi. In questa fase si generano anche l'invidia del pene nella femmina ed il complesso di castrazione nel maschio.
Fase latente
Per quanto Freud non riconosce questa come una fase psicosessuale (perché in essa la libido è dormiente), ne sottolinea l'importanza.
In questa fase (tra i 6 anni e la pubertà), il bambino sviluppa le sue amicizie con individui dello stesso sesso e focalizza l'attenzione sul suo sviluppo fisico.
Fase genitale
Questa fase inizia con la pubertà e si protrae lungo tutto il resto della vita dell'individuo.
In questo periodo l'individuo deve risolvere i conflitti e le fissazioni derivanti dalle fasi precedenti perché altrimenti non avrà abbastanza energia sessuale perché si sviluppi completamente in questa fase.

ATELIER

LE ESPERIENZE DEL NIDO
1- LO SPAZIO PERCETTIVO E MOTORIO
l'angolo della manipolazione è caratterizzato dalla disponibilità di materiale qualle creta, pongo, colla, ...
2-L'ATELIER DELLA LATTURA
l'angolo della lettura sarà organizzato con itinerari di approccio al libro: libro dei buchi, degli animali,...
3- L'ATELIER DELLE PAROLE
si propone la costruzione di più libri che verranno esposti in un'edicola precedentemente costruita con materiali di recupero(cartoni)
4- L'ATELIER SIMBOLICO
l'angolo del "pasticciamento" overo uno spazio nel qualle offrire al bambino diverse occasioni di sperimentazione sulle proprieta fisiche degli oggetti
5-LO SPAZIO AFFETTIVO
l'atelier espressivo ha lo scopo sia di offrire occasioni di decodifica(avvicinamento al colore) sia di propore opportunità di codifica(avvio allo scarabocchio)
DI ELISA E LILIANA

Filosofia di vita

La verità al fine non si cela; non val simulazione. Simulazion è frustrata avanti a tanto giudice.

Leonardo da Vinci

LO SVILUPPO SECONDO PIAJET

Per la vostra gioia, un piccolo aiuto per la tesina da parte di Lorena e Francesca



LO SVILUPPO COGNITIVO
Lo sviluppo cognitivo, si riferisce all’ acquisizione e all’ ampliamento graduale, con la crescita, di tutte le capacità di tipo cognitivo.Numerose sono state le proposte teoriche offerte da vari studiosi, noi tratteremo quelle elaborate da due autori Jean Piaget e Jerome Bruner.La teoria dello sviluppo cognitivo per lo psicologo svizzero Jean Piaget si basa sui seguenti presupposti:durante la crescita il bambino tende a raggiungere le seguenti mete cognitive:il ragionamento astratto;il ragionamento ipotetico;il ragionamento logico;la capacità di coordinare e organizzare delle regole in rapporti reciproci;il bambino, nel tentativo di dare un senso al mondo circostante che egli percepisce, inventa ed elabora nuove idee e comportamenti.il processo di crescita intellettiva e cognitiva avviene attraverso l’elaborazione di schemi, cioè modelli mentali per adeguarsi al mondo circostante.Per Piaget la crescita cognitiva del bambino avviene attraverso il passaggio di alcuni stadi. Tutto questo è permesso da due processi: l’ASSIMILAZIONE e l’ACCOMODAMENTO.L’assimilazione è costituita dall’applicazione ad un’azione di schemi d’azione presentati.L’accomodamento invece tende a far modificare gli schemi per renderli compatibili con l’oggetto nuovo, per adattarlo ad esso. L’accomodamento, di solito, crea degli schemi più adeguati ad essa, questo processo viene detto da Piaget equilibrazione (il risultato dell’ accomodamento adattivo). GLI STADI SECONDO PIAGET:
STADIO SENSO-MOTORIO: l’ intelligenza del bambino si manifesta nelle sue azioni. Questo stadio va dai primi 18 mesi di vita, differenziandosi in sei sotto stadi evolutivi.
I° STADIO (dalla nascita al primo mese di vita): è caratterizzato dalla presenza di riflessi innati.
II° STADIO (da 2 ai 3 mesi): abbiamo le relazioni circolari primarie, che consistono nella ripetizione di semplici atti privi di qualsiasi scopo o interesse.
III° STADIO (da 4 ai 6 mesi): ci sono le relazioni circolari secondarie che portano il bambino a risposte che inducono a risultati interessanti.
IV° STADIO (da 7 ai 10 mesi): costituito dalle coordinazioni delle relazioni secondarie, risolvendo semplici problemi.Verso i 7-8 mesi c’è da parte del bambino il riconoscimento delle persone note, e quindi abbiamo la paura degli estranei. Tra gli 8-9 mesi c’è la permanenza degli oggetti.
V° STADIO (dagli 11 ai 18 mesi): c’è la comparsa delle reazioni circolari terziarie, cioè il bambino non ripete un’azione interessante in modo stereotipato, ma, al contrario cerca di scoprire nuovi metodi, attraverso processi per prova ed errori.
VI° STADIO (18 mesi): se il bambino vuole raggiungere uno scopo e non sa come fare, non tenta azioni reali, per prova ed errori come negli stadi precedenti, ma elabora mentalmente dei tentativi di soluzione, e li mette alla prova.
STADIO PRE-OPERATORE: è il periodo in cui si attua il passaggio dell’azione pratica al pensiero.Il bambino è in grado di pensare grazie a immagini e simboli.
STADIO DELLE OPERAZIONI CONCRETE: il bambino è in grado di rappresentare mentalmente alcune azioni anche se sono complesse. Sarà capace di conservare la quantità, la lunghezza e il numero.
STADIO DELLE OPERAZIONI FORMALI: dai 12 anni in poi,si sviluppa da parte dell’ adolescente la capacità di analizzare tutte le possibilità di soluzione e cambiamenti per risolvere un dato problema.Per lo psicologo americano Jerome Bruner, pur essendo la chiara impostazione cognitivista, propone una teoria nell’ambito dello sviluppo cognitivo che si diversifica nettamente da quella di Piaget. Infatti Bruner, al contrario di Piaget che, si orientava verso le strutture mentali, volle orientarsi verso i processi mentali.L’evoluzione dell’ individuo (dalla nascita all’ adolescenza) si attua, secondo Bruner, mediante il passaggio attraverso tre forme di “rappresentazione”.La rappresentazione può essere distinta in:a) esecutiva, b) iconica, c) simbolica;
LA RAPPRESENTAZIONE ESECUTIVA è caratterizzata dal primo anno di vita dove,il bambino inizia già a fare programmi nella percezione, nell’attenzione, nella manipolazione e nell’interazione sociale.
LA RAPPRESENTAZIONE ICONICA circa a un anno di vita il bambino seleziona le caratteristiche dei vari oggetti e delle diverse situazioni per poi utilizzarli per i propri scopi.
LA RAPPRESENTAZIONE SIMBOLICA inizia verso i due anni di età dove, il bambino si serve dell’uso del linguaggio. La fase simbolica viene acquisita in modo idoneo a 10 -11 anni.

meditate! ragazze, meditate!!!!!

C'è sempre qualche vecchia signora che affronta i bambini facendo delle smorfie da far paura e dicendo delle stupidaggini con un linguaggio informale pieno di ciccì e di coccò e di piciupaciù. Di solito i bambini guardano con molta severità queste persone che sono invecchiate invano; non capiscono cosa vogliono e tornano ai loro giochi, giochi semplici e molto seri. »

(Bruno Munari, Fantasia, 1977)

venerdì 14 marzo 2008

La figura dell'educatore

L’educatore al nido tra saperi, competenze e professionalità.
di Valentina Macaddino
dottoressa in Scienze dell’educazione -
La figura dell’educatore, nel contesto dell’asilo nido, rappresenta un momento
fondamentale per il processo formativo del bambino durante la prima infanzia. È, infatti, all’interno
della relazione che si instaura tra l’educatore e il bambino che può nascere il germe della socialità
e della legalità, basata su un confronto arricchente e sempre unico che porta il piccolo ad una
maggiore sicurezza in se stesso e lo aiuta ad aprirsi alla relazione con gli altri; una relazione
basata sul rispetto dell’altro, sulla scoperta del diverso, rappresenta un presupposto indispensabile
affinché possa svilupparsi quell’atteggiamento di fiducia, di integrità che porta al consolidamento
della cultura della legalità. Il lavoro di cura e di sostegno di cui l’educatore è portavoce diviene così
il passo fondamentale affinché si sviluppi il desiderio al rispetto, al confronto arricchente,
presupposti essenziali per il cittadino del futuro. La prima infanzia, infatti, è il momento in cui più
attenzione deve essere dedicata a queste forme di socializzazione e di educazione affinché si
sviluppi al meglio la vera identità del bambino e si sviluppi, insieme, quella cultura della legalità che
si trova in nuce nel bambino e che contribuirà a formare l’uomo di domani. Dare dignità e valore
alla professionalità dell’educatore al nido è un modo per capire e valorizzare il momento delicato
ed essenziale della formazione, di cui l’educatore è responsabile, significa dare valore ad un ruolo
che, troppe volte, è stato preso in ben poca considerazione e che invece tanto può contribuire alla
formazione dell’uomo e del cittadino di domani.
Per molto tempo quella dell’educatore al nido è stata una figura legata a un’idea di “asilo
nido” caratterizzato da un taglio storicamente assistenziale, alieno da qualsiasi finalità educativa.
Soltanto da pochi decenni il nido è riuscito a conquistare progressivamente una sua “identità
pedagogica” che ha fatto emergere, con sempre più insistenza, l’importanza della professionalità
dell’educatore al nido, una professionalità che si presenta multi - sfaccettata e, allo stesso tempo,
caratterizzata dalla possibilità di porsi come sintesi tra diversi ambiti. Infatti, nella nostra società
dalle caratteristiche mutevoli, “la professione dell’educatore di asilo nido si può configurare come
un ruolo culturale ed educativo dinamico e complesso, che si propone come interlocutore
privilegiato della famiglia e di altre agenzie educative del territorio in cui opera e con esse cresce
contribuendo a costruire una cultura dell’infanzia in grado di contestualizzarsi e storicizzarsi”
1
.
Indubbiamente, la professionalità dell’educatore al nido va emergendo da una approfondita
riflessione sul mondo dell’infanzia e dei suoi bisogni di conoscenza, comunicazione, espressione; il
che è il primo passo per riuscire a gestire il processo educativo in termini pedagogico - didattici.
Allo stesso tempo, l’educatore deve maturare una buona capacità di mediazione tra la cultura e il
vissuto del bambino, deve possedere una buona capacità di mettersi in gioco e di ripensarsi
continuamente alla luce delle esperienze fatte e dei possibili errori commessi, deve essere capace
di collaborare con i colleghi, le famiglie e soprattutto con le risorse presenti nel territorio.
In particolare, Emma Rossi delinea alcuni punti che caratterizzano la professionalità
dell’educatore:
• l’attenzione all’inserimento graduale del bambino;
• la riflessione sulla delicatezza della condivisione delle cure fra famiglia e nido, nel
rispetto della centralità della famiglia e della storia personale di ogni bambino;
• l’osservazione del bambino, finalizzata ad accompagnarlo nel suo percorso di
crescita individuale, favorendo il consolidarsi della sua identità ed espressione del
sé, attraverso il gioco e altre attività educative;
• la tensione verso un’articolazione del proprio lavoro capace di tenere conto dei
bisogni del bambino, ma anche di sostenere i genitori, accettando le emozioni
spesso contraddittorie che accompagnano il primo processo di autonomia e
distacco fra bambini e genitori;
1
Cfr. B. Morsiani, B. Orsoni in P. Bertolini(a cura di), Nido e dintorni, La Nuova Italia, Firenze 1997.
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2
• la capacità a progettare l’ambiente e di proporre esperienze che assecondino lo
sviluppo sociale e cognitivo, secondo i ritmi di ogni bambino.
Quando tale ruolo è pazientemente e accuratamente costruito - anche attraverso una
formazione permanente a livello sia individuale che di gruppo - si perviene al consolidamento di
una professionalità specifica, attenta nel contempo al bambino e alla sua famiglia, consapevole
delle complesse dinamiche relazionali quotidianamente messe in atto fra sé e il bambino/bambini,
con le colleghe del collettivo e con le famiglie; professionalità, infine, che è capace di coniugare ciò
che è relazionale con ciò che è sociale e cognitivo
2
.
Si delinea, quindi, una professionalità capace di operare una sintesi tra i diversi ambiti: un
sapere, di cui l’educatore è portavoce, che non guarda solo a tecniche e metodologie - di cui,
comunque, deve essere attento conoscitore - ma che si esplica anche in un “saper essere”, in un
“saper interagire”, in un “saper fare”: torna utile ricordare che lo studio e l’approfondimento sono la
base indispensabile del lavoro educativo e che la conoscenza dei processi psicologici che
caratterizzano la vita del bambino o dei contenuti elaborati dalla scienza pedagogica sono il punto
di partenza per poter elaborare una qualsiasi riflessione sul mondo infantile.
Saper essere
…Non esiste educazione senza coinvolgimento emotivo…
3
L’intensità, e allo stesso tempo la problematicità e la responsabilità insite nel lavoro
educativo con i bambini implica una costante necessità di mettersi in gioco proprio perchè:
“La relazione con il bambino è una relazione molto delicata e coinvolgente, in quanto è,
sempre, prima di tutto, relazione tra due universi emozionali. Il bambino, infatti, è un sensibilissimo
radar delle nostre emozioni, dei nostri stati d’animo, molto abile a leggere con chiarezza dentro di
noi e a vederci per come realmente siamo. Questo perché egli è in grado di riconoscere in maniera
incontrovertibile ogni nostra reazione emotiva, a prescindere dal significato delle parole che
pronunciamo, leggendo il linguaggio del corpo, le variazioni di tonalità e d’intensità della voce”
4
.
È importante quindi che gli educatori riescano a ripensare il proprio universo personale, le
emozioni e i conflitti che possono sorgere dalla relazione con il bambino, per imparare a gestire
quelle stesse emozioni, senza la necessità di negarle o di rimuoverle ma, soprattutto, riuscendo a
non lasciarsene travolgere. Ciò rappresenta un momento imprescindibile, proprio perché
l’interpretazione, la lettura del comportamento e le emozioni dell’educatore determinano le sue
strategie, il suo intervento, il suo agire educativo e averne consapevolezza è fondamentale nella
pratica educativa. La rappresentazione e la concettualizzazione che l’adulto esprime di un
bambino determinano la sua disposizione affettiva, la condotta e il comportamento educativo.
Una riflessione critica sui propri vissuti, quindi, l’accettazione del disagio o della
conflittualità emotiva possono aiutare l’educatore a creare quel distacco - dalle situazioni e
relazioni emozionalmente troppo intense - che costituisce il punto di partenza per riuscire a
predisporsi ad un ascolto vero, empatico e quindi per realizzare un’autentica relazione educativa.
Saper interagire
“È la relazione a generare formazione e non il contrario”
5
La relazione può essere indicata come la sorgente, il momento originario di ogni evento che
può trasformarsi in condizione formativa e, in quanto tale, individuata come ambito privilegiato nel
2
E. Rossi, Un nido per volare, Magi, Roma 2002, p.50.
3
R. Bosi, Pedagogia al nido, Carocci, Roma 2002, p.47
4
Cfr. C. Pernicola Lavoro psicologico ed educativo con i bambini, in www.psiconline.it
5
D. Demetrio, in P. Bertolini(a cura di), Nido e dintorni, La Nuova Italia, Firenze 1997,p.249.
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3
quale si giocano i principi che fanno del nido un luogo di cura e di educazione qualificata, in cui i
saperi non sono trasmessi, piuttosto sollecitati ad affiorare in superficie, attraverso il contributo
attivo dei bambini, del potenziale cognitivo già presente in loro, e valorizzati per le specifiche
caratteristiche che li connotano e che rendono ciascun bambino una persona con un suo preciso
tratto identificativo.
Questa modalità di stare con i bambini, e non semplicemente accanto a loro, implica una
prospettiva differente da quella generalmente adottata nel sistema scolastico nel suo complesso,
poiché connota la relazione tra adulto e bambino/a, ma anche tra bambino/a, come relazione co-
evolutiva, cioè una relazione basata sulla reciprocità, dove entrambi i soggetti si mettono in gioco,
partendo dal presupposto che gli effetti di quella relazione agiranno, per entrambi, producendo
cambiamento e orizzonti di senso diversi e più completi
6
.
La relazione, dunque, come ambito di conoscenza che parte dal singolare, dal
riconoscimento di due individualità, per aprirsi progressivamente verso il plurale, l’altro o gli altri, il
contesto, lo spazio, gli oggetti, le cose, gli odori, i sapori, i suoni, le musiche: in altre parole, la
persona e le persone, il tempo che diventa … i tempi, lo spazio che si trasforma negli spazi, il
sapere che si declina sui saperi, la competenza che riverbera competenze plurime ed
interscambiabili
7
.
Impegnarsi in una fase/momento di interazione, significa fare riferimento ad una
competenza relazionale che si traduca nello “stare insieme”, nello “stare con”: ciò implica
l’acquisizione di una posizione di ascolto e di apprendimento, attraverso una competenza
comunicativa che è costituita dal sostegno dell’altro, dalla capacità di decentramento rispetto al
proprio vissuto esperenziale, alla propria ottica, al proprio pensiero; un decentramento dal sé che
si esprime operativamente e concretamente nella relazione con gli altri che vivono all’interno di un
particolare contesto.
Tale competenza è da giocarsi e da gestirsi, dunque, in relazione al bambino, cioè, sia in un
rapporto individualizzato sia in un contesto di gruppo; nel rapporto con i colleghi, improntandolo
alla progettualità della propria intenzionalità educativa e nel rapporto con i genitori.
Ascolto empatico, condivisione e disponibilità ad accogliere bisogni e richieste creano una
particolare dimensione relazionale, nella quale diviene possibile riflettere insieme ai genitori,
mettere in comune e a confronto, sostenere non punti di vista ma specifiche modalità genitoriali,
che sono competenze indissolubilmente legate al ruolo di educatore.
L’educatore, infatti, costruisce ed è garante di uno spazio dove sono privilegiati il pensiero,
la parola, la relazione.
Pensiero, inteso come spazio mentale, come disposizione verso … luoghi, oggetti, giochi, affetti.
Parola, non come offerta di spiegazioni e di risposte certe alle domande dei genitori, bensì nel
senso di dare parola ai significati agiti, agli eventi, alle situazioni, alle emozioni.
In questa visione, l’educatore dà parola alle ansie, alle paure, alle difficoltà dei bambini, dei
genitori, aiutandoli a vivere e a sperimentare il superamento di detti timori, mettendoli in grado di
leggere (nei comportamenti, nei gesti, nei messaggi, come anche nei silenzi) contenuti, emozioni e
bisogni
8
.
Saper fare
“ciò che è meraviglioso in un bambino è la sua promessa, non la sua esecuzione: la
promessa di mettere in atto, a certe condizioni, le proprie potenzialità.”
9
Il saper fare si concretizza nel lavoro quotidiano dell’educatore, come messa in campo di
conoscenze, metodologie e tecniche relative alle scienze dell’educazione, nonché nella riflessione
e costruzione di un progetto educativo per l’asilo nido.
In particolare, uno degli aspetti fondamentali della competenza del saper fare è quello della
didattica, intesa nel senso di “come” trasmettere il “sapere”, favorire gli apprendimenti, scoprire e
costruire gli strumenti utili al lavoro educativo.
6
Cfr. F. Emiliani(a cura di), I bambini nella vita quotidiana, Carocci, Roma 2002
7
Cfr. Ibidem.
8
R. Bosi, Pedagogia al nido, op. cit., pp.164-5.
9
Cfr. Montagu, in F. Frabboni(a cura di), Programmare al nido, La Nuova Italia, Firenze 1996
CRI&DEB